L'opening (ph. CoBell) |
Di cibo
in cibo, di mostra in mostra, l'altra sera mi sono ritrovata a fare la giurata al Food Art Awards, edizione 2013, a Ceglie
Messapica, ridente cittadina altosalentina che tanto sta puntando sulla gastronomia e sulla sua
valorizzazione per una visibilità differente e per attrarre un turismo
culturale che miri alla tanto auspicata destagionalizzazione.
Della
scuola di cucina ho già parlato qualche post addietro, di ristoranti e chef stellati tutto si
sa, ma ogni occasione è buona per ricordarne l’esistenza, di Food Art Award
è bene fare cenno perché è un evento che mette insieme le mie due passioni:
quella grande per l’arte e quella eterna (non foss’altro per essere un’ottima
forchetta sin dall’infanzia e per il sostegno “endemico” nella mia famiglia)
per la cucina.
La sala centrale, un attimo prima dell'opening (ph. CoBell) |
Il
bravo e volenteroso Cosimo Bellanova (nome d’arte Co-Bell perché il nostro è
anche artista di suo e sverna nella mitteleuropea Berlino, beato lui!) ha
ideato questo evento quattro anni orsono ed è riuscito, grazie anche al
supporto dell’amministrazione comunale, a farlo crescere nel corso delle
edizioni, tanto che quest’anno si è dovuta operare una corposa selezione tra i
lavori iscritti al concorso. Ne sono rimasti in gara 57, tra sculture,
installazioni, dipinti, video, fotografie, complessivamente di buon livello, tra
i quali noi giurati, Damiano Laterza in veste di presidente,
l’assessore Angelo Palmisano, l’amica tostissima Delfina Todisco, ottima
fotografa cegliese “di ritorno”, ed io ovviamente, abbiamo faticosamente
cercato di trovare "IL" migliore.
Giuria all'opera: Damiano Laterza, Delfina Todisco e io (ph. CoBell) |
Dopo
lunghe e attente riflessioni, ivi compreso qualche momentaneo “scazzo” (ehm,
volevo dire divergenza d’opinione), siamo giunti alla conclusione che non c’era
un solo lavoro da premiare, ma che ve n’era più d’uno meritevole di
riconoscimento, e che, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo,
anche l’equa suddivisione del premio in denaro era da considerarsi un modo per
sostenere artisti più o meno giovani nel prosieguo della loro attività.
Pertanto abbiamo optato per un ex-aequo tra quattro artisti e relative opere: la
scultura bidimensionale Poker d’assi di Claudio Greco dall’Argentario; il dipinto dal titolo Oggi
canta Barbarossa dell’emiliana Alessandra Binini; la stampa fotografica commestibile Just
Eat della varesotta Federica Pamio; l’installazione Fame?
del salentino Sandro Marasco.
Le
motivazioni alla base delle scelte variano: dalla perfetta contestualizzazione
del tema food, in continuo divenire, nel lavoro di Claudio Greco che presenta i
quattro assi delle carte da gioco sovrapposti ai quattro salumi più popolari,
che vanno degradandosi nonostante il sottovuoto; alla perizia tecnica unita
alla contemporaneità del tema “chef” come protagonista del dipinto della
Binini; dalla perfetta aderenza al
sottotema dell’edizione (white food) della foto con cornice tutta da mangiare
della Pamio, chiaro messaggio contro l’inappetenza culturale; all’interattività
perfettamente riuscita delle lavagnette da cucina di Marasco alle cui domande
dal duplice significato, culinario ed altro, il pubblico dei visitatori della
mostra ha già risposto e continuerà a farlo fino alla chiusura della stessa,
ritagliandosi il suo anonimo momento di celebrità (fame).
Ai
premi sono seguite le menzioni di merito, che ogni componente della giuria ha
voluto assegnare ad un lavoro che aveva particolarmente gradito, oltre ai
premiati: la mia menzione è andata al video “Canto di lontananza” di Alessandro Perini, che mi ha colpito da subito per la
componente nostalgica e il conseguente rimando al km 0 delle sue mele tristi
che cantano il Nabucco di Verdi, nel bicentenario della sua nascita.
Altre
menzioni sono state attribuite dagli altri componenti della giuria al cegliese
Cosimo Epicoco e alla sua Evarewind, al
dipinto minimale di Andrea Marcoccia, Frozen
White, all’installazione glocal L’identità
del cibo del giovanissimo cegliese Antonio Ciracì e al dissacrante Pollo Jackson di Sergio Laterza.
La
serata ha visto svolgersi anche la surreale performance della partenopea Isotta
Bellomunno, dal titolo Not all that rises
is bread/ Non è tutto pane quel che lievita, che ha impastato il pane su di
una bara, a simboleggiare la duplice realtà della città di Napoli, ferita a
morte, ma ancora ricca di un fermento di vita che riesce a lievitare nonostante tutto.
Isotta Bellomunno durante la sua performance. |
L’ottima
affluenza di pubblico della serata inaugurale, lascia ben sperare per il
prosieguo dell’apertura: se vi ho messo curiosità, fate un giro a Ceglie nei
prossimi giorni, magari prima o dopo gli eventi che si susseguiranno nel
cartellone estivo, ed allungate la passeggiata fino al Centro di Documentazione
Archeologica sito in via De Nicola, proprio di fronte al Municipio. La mostra
sarà aperta fino al 28 agosto, tutti i pomeriggi dalle 18 alle 23.
E poi
fateci sapere le vostre impressioni!
Il pubblico dell'opening (ph. CoBell) |