giovedì 15 agosto 2013

Cibo + arte = Food Art Awards!


L'opening (ph. CoBell)
Di cibo in cibo, di mostra in mostra, l'altra sera mi sono ritrovata a fare la giurata al Food Art Awards, edizione 2013, a Ceglie Messapica, ridente cittadina altosalentina che tanto sta puntando sulla gastronomia e sulla sua valorizzazione per una visibilità differente e per attrarre un turismo culturale che miri alla tanto auspicata destagionalizzazione.
Della scuola di cucina ho già parlato qualche post addietro, di ristoranti e chef stellati tutto si sa, ma ogni occasione è buona per ricordarne l’esistenza, di Food Art Award è bene fare cenno perché è un evento che mette insieme le mie due passioni: quella grande per l’arte e quella eterna (non foss’altro per essere un’ottima forchetta sin dall’infanzia e per il sostegno “endemico” nella mia famiglia) per la cucina.
La sala centrale, un attimo prima dell'opening (ph. CoBell)
Il bravo e volenteroso Cosimo Bellanova (nome d’arte Co-Bell perché il nostro è anche artista di suo e sverna nella mitteleuropea Berlino, beato lui!) ha ideato questo evento quattro anni orsono ed è riuscito, grazie anche al supporto dell’amministrazione comunale, a farlo crescere nel corso delle edizioni, tanto che quest’anno si è dovuta operare una corposa selezione tra i lavori iscritti al concorso. Ne sono rimasti in gara 57, tra sculture, installazioni, dipinti, video, fotografie, complessivamente di buon livello, tra i quali noi giurati, Damiano Laterza in veste di presidente, l’assessore Angelo Palmisano, l’amica tostissima Delfina Todisco, ottima fotografa cegliese “di ritorno”, ed io ovviamente, abbiamo faticosamente cercato di trovare "IL" migliore. 

Giuria all'opera: Damiano Laterza, Delfina Todisco e io (ph. CoBell)
Dopo lunghe e attente riflessioni, ivi compreso qualche momentaneo “scazzo” (ehm, volevo dire divergenza d’opinione), siamo giunti alla conclusione che non c’era un solo lavoro da premiare, ma che ve n’era più d’uno meritevole di riconoscimento, e che, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, anche l’equa suddivisione del premio in denaro era da considerarsi un modo per sostenere artisti più o meno giovani nel prosieguo della loro attività. Pertanto abbiamo optato per un ex-aequo tra quattro artisti e relative opere: la scultura bidimensionale Poker d’assi di Claudio Greco dall’Argentario; il dipinto dal titolo Oggi canta Barbarossa dell’emiliana Alessandra Binini; la stampa fotografica commestibile Just Eat della varesotta Federica Pamio; l’installazione Fame? del salentino Sandro Marasco.
Le motivazioni alla base delle scelte variano: dalla perfetta contestualizzazione del tema food, in continuo divenire, nel lavoro di Claudio Greco che presenta i quattro assi delle carte da gioco sovrapposti ai quattro salumi più popolari, che vanno degradandosi nonostante il sottovuoto; alla perizia tecnica unita alla contemporaneità del tema “chef” come protagonista del dipinto della Binini;  dalla perfetta aderenza al sottotema dell’edizione (white food) della foto con cornice tutta da mangiare della Pamio, chiaro messaggio contro l’inappetenza culturale; all’interattività perfettamente riuscita delle lavagnette da cucina di Marasco alle cui domande dal duplice significato, culinario ed altro, il pubblico dei visitatori della mostra ha già risposto e continuerà a farlo fino alla chiusura della stessa, ritagliandosi il suo anonimo momento di celebrità (fame).
Ai premi sono seguite le menzioni di merito, che ogni componente della giuria ha voluto assegnare ad un lavoro che aveva particolarmente gradito, oltre ai premiati: la mia menzione è andata al video “Canto di lontananza” di Alessandro Perini, che mi ha colpito da subito per la componente nostalgica e il conseguente rimando al km 0 delle sue mele tristi che cantano il Nabucco di Verdi, nel bicentenario della sua nascita.
Altre menzioni sono state attribuite dagli altri componenti della giuria al cegliese Cosimo Epicoco e alla sua Evarewind, al dipinto minimale di Andrea Marcoccia, Frozen White, all’installazione glocal L’identità del cibo del giovanissimo cegliese Antonio Ciracì e al dissacrante Pollo Jackson di Sergio Laterza.
La serata ha visto svolgersi anche la surreale performance della partenopea Isotta Bellomunno, dal titolo Not all that rises is bread/ Non è tutto pane quel che lievita, che ha impastato il pane su di una bara, a simboleggiare la duplice realtà della città di Napoli, ferita a morte, ma ancora ricca di un fermento di vita che riesce a lievitare nonostante tutto. 

Isotta Bellomunno durante la sua performance.

L’ottima affluenza di pubblico della serata inaugurale, lascia ben sperare per il prosieguo dell’apertura: se vi ho messo curiosità, fate un giro a Ceglie nei prossimi giorni, magari prima o dopo gli eventi che si susseguiranno nel cartellone estivo, ed allungate la passeggiata fino al Centro di Documentazione Archeologica sito in via De Nicola, proprio di fronte al Municipio. La mostra sarà aperta fino al 28 agosto, tutti i pomeriggi dalle 18 alle 23.
E poi fateci sapere le vostre impressioni! 

Il pubblico dell'opening (ph. CoBell)

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