giovedì 15 novembre 2012

Stati generali della cultura tra fischi e proteste.




Ho seguito in streaming, pur senza potenti mezzi tecnologici, gli Stati Generali della cultura, promossi da Il Sole 24 Ore (sulla scia del Manifesto per la Cultura pubblicato mesi addietro) che si sono svolti quest’oggi a Roma nel Teatro Eliseo.
A parte il fatto che lo sport della giornata è stato un continuo “daje al ministro”, bisogna tuttavia dire che il pubblico, costituito prevalentemente da operatori del settore, quindi sicuramente inferociti per la totale non considerazione, spesso anche disprezzo della loro attività da parte delle istituzioni (e, probabilmente, anche dei comuni cittadini, che, nella migliore delle ipotesi, ritengono il loro impegno come qualcosa di attinente più “al divertimento” che non una reale attività), vessati dai tagli alla cultura e pressati da un precariato infinito, aveva molte ragioni.
Innanzitutto l’autoreferenzialità degli interventi iniziali: doveva essere una tavola rotonda, e invece ognuno aveva preparato un intervento quasi fossero delle monadi impossibilitate ad interagire tra loro. I ministri, Ornaghi incluso (che dovrebbe essere quello preposto al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali) balbettanti, tranne Barca, che però si è limitato in un certo senso a scaricare colpe sul governo precedente, reo di aver millantato progetti non esistenti, in special modo sul caso Pompei, e a scoperchiare un vaso di Pandora che in realtà tutti noi del settore avevamo, come dire...sospettato? Pare infatti che nei pubblici uffici preposti alla gestione della cultura non ci sia gente in grado di scrivere progetti e, addirittura, scrivere bandi (come è stato successivamente precisato dal sempre ottimo Pier Luigi Sacco)!
Chi l’avrebbe mai detto, vero? In fin dei conti è solo un caso che l’Italia sia stata costretta finora a restituire buona parte dei fondi europei per incapacità ad utilizzarli, o no?? Ed è anche un caso che, mentre incapaci funzionari bivaccano nei ministeri, la maggior parte dei giovani competenti che si sono formati in questo settore siano spesso costretti ad emigrare per non rimanere senza lavoro in questo paese, vero?
Ad ogni modo, unico a raccogliere applausi in mattinata, il presidente Napolitano: con una lucidità che nemmeno un trentenne, ha sciorinato problemi, errori e debolezze del sistema, ma ha anche lanciato spunti propositivi. La dice lunga il fatto che in un paese come l’Italia la persona che appare più moderna sul tema cultura sia un ottuagenario…
Il pomeriggio è stato di livello decisamente superiore, grazie agli interventi (contenuti come tempi, ma densi di contenuti) di docenti, operatori e ricercatori: Emmanuele Emanuele della Fondazione Roma, che ha sottolineato la necessità di sussidiarietà dell’intervento privato sui beni pubblici; il mitico professore Pier Luigi Sacco, che, dopo aver fatto notare che solo oggi in Italia dei ministri hanno parlato di "industrie creative" (terminologia in uso nel resto del mondo da almeno vent'anni), non vuol sentir parlare di patrimonio culturale come “giacimento” da sfruttare, bensì come “capitale relazionale” che crei comportamenti; l’ottimo Walter Santagata che chiede un ministero per la cultura in toto; Guerzoni che, unico, parla di banda larga e della necessità di tutelare i progettisti culturali (!) e altri ancora che non sono riuscita a seguire attentamente, alle prese con trasposizioni varie…
A conclusione, un arrancante intervento del ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, che è apparso totalmente estraneo al contesto, pur sottolineando la necessità, già espressa da gran parte dei relatori, di curare la formazione culturale fin dalla prima infanzia, e di consentire ai giovani la sperimentazione nell’impresa culturale, accettando anche il rischio di errore.
Notazione, quest’ultima, che condivido solo in parte: ritengo infatti propedeutica alla sperimentazione in ambito culturale una buona base formativa specifica, al fine di non sperperare denaro pubblico in forme di start-up giovanili non in grado di autosostentarsi una volta conclusa la fase di lancio finanziata… (e su questo potrei aprire un capitolo a parte, ma mi fermo qui.)
Un aspetto che mi ha molto impressionato è stato il fermento sui social network, soprattutto su twitter, dove c’è stato un instancabile live twitting per tutta la durata dell’evento: a significare che, pur nelle difficoltà nelle quali versa l’ambito culturale, che spesso somiglia ad  una “nebulosa indefinita”, ci sono ancora giovani e meno giovani che credono nel valore fondante della cultura.
E, almeno questo, lascia intravedere un filo di speranza...

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